Qualche settimana fa, ho visto un video che in realtà è stato realizzato poco più di un anno fa, e che illustra le disuguaglianze di ricchezza (non reddito, per chiarezza) negli USA. Dato che non è recentissimo, e che peraltro elabora dati provenienti da una ricerca ancora precedente (della Harvard Business School), potreste conoscerne già i contenuti, ma in caso contrario merita di essere visto.
Per chi non avesse tempo (ma non ne serve molto) o non capisse l’inglese, il succo è: agli americani è stato chiesto quale pensassero che sia la distribuzione della ricchezza in USA, e se la trovassero giusta o auspicassero una ripartizione diversa. I risultati sono stati in un certo senso sconcertanti: gli americani in genere auspicano una distribuzione della ricchezza piuttosto egualitaria, nella quale idealmente il 20% più ricco dovrebbe possedere circa il 32% della ricchezza totale, circa il triplo di quanto troverebbero giusto che possieda il 20% più povero della popolazione. Un rapporto 3:1 tra “ricchi” e “poveri”, insomma.
Poi, agli intervistati è stato chiesto quale pensassero che fosse la distribuzione reale della ricchezza. Gli intervistati sapevano bene che le disuguaglianze reali sono maggiori di quelle che loro stessi giudicavano ideali: in altre parole, che la distribuzione della ricchezza non è equa. Ma non avevano idea, evidentemente, di quanto fosse iniqua.
Nella figura qui sotto vedete a confronto, da sinistra a destra, la distribuzione “ideale” secondo gli intervistati, quella “stimata come reale” sempre secondo gli intervistati, e quella reale e vera.
Mentre gli americani, in media, immaginano che il 20% più ricco della popolazione possieda circa il 59% delle ricchezze totali, la verità è che possiede circa l’84%. E, soprattutto, mentre gli americani immaginano che il 40% più povero della popolazione (fasce in giallo e rosso nella figura) possieda complessivamente poco meno del 10% della ricchezza totale, la verità è che ne possiede lo 0,3%. Guardate che non è un errore: lo 0,3%. Ecco perché nella colonna a destra le fasce gialla e rossa non si vedono…
Qual è la conclusione? Forse che per opporsi alle disuguaglianze bisogna prima sapere che esistono, e quanto sono grandi. Come sempre, insomma, la mia idea è che i numeri sono fondamentali: dire genericamente che nella nostra società i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri non è sufficiente: dobbiamo sapere a quanto ammontano le differenze reali. Se un cittadino pensa che il 40% della popolazione possieda 30 volte di più di quello che possiede in realtà, è in grado di giudicare correttamente la situazione politica del suo Paese?
E l’Italia, direte voi?
Bella domanda… secondo voi, qual è la distribuzione della ricchezza in Italia? 😉
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Ottimo, Grazie Filippo.
Poi, però, arrivano i sociologi, che danno un’occhiata ai numeri e dicono “Sì ma…”, oppure “Bisogna capire anche…”. Nel caso in questione non è solo questione di ricchezza ma anche, nell’ordine: 1) di potere: chi è ricco può non solo mangiare meglio e curarsi meglio ma anche istruirsi, corrompere, minacciare, costruire, elaborare e – in sostanza – arrivare alle leve di comando. Chi è più ricco comanda, insomma; 2) di ulteriore ineguaglianza della ricchezza: come insegna anche il Vangelo (e tutta la cultura protestante) chi è ricco ha il dovere (e tutte le possibilità) per diventarlo di più; solo i soldi fanno soldi. Quindi qualunque statistica sulla disparità di ricchezza è destinata nel tempo a mostrare un ampliamento della forbice. Il combinato disposto dei precedenti due punti porta a riflessioni anche disturbanti perché implicano 3) la gestione del consenso (come tenere buona la gente affinché non faccia la rivoluzione) e 4) la constatazione che solo sconvolgimenti epocali (guerre, rivoluzioni…) cambiano le cose.
Ma tu queste cose le sai benissimo, ovviamente…
Per una volta non sono d’accordo con quanto esposto. Non perché ritenga che l’attuale modello capitalistico sia efficace, tutt’altro. Un modello economico basato sulla base di una espansione indefinita in un sistema chiuso (lo stesso Ottonieri ne ha scritto benissimo sul suo blog) è una assurdità fisica, economica e sociale.
Non sono d’accordo perché si usano termini come ricchezza e iniquo (che di per se è già un giudizio di valore). La ricchezza di per sé è maldefinita: per esempio, se tutti fossimo ricchi come nel club dei miliardari di Paperopoli, qualcuno potrebbe dire che Paperon dé Paperoni è ricco in modo iniquo? Penso di no. Pertanto, oltre a osservare i valori percentuali della distribuzione della ricchezza (ed eventualmente di come questa distribuzione è cambiata nel tempo) occorre valutare i valori assoluti (perché la ricchezza totale nel mondo, o negli USA non è rimasta costante, è aumentata): potrebbe essere successo, e con ogni probabilità è successo, che la ricchezza di ognuno, negli ultimi diciamo 50 anni si sia notevolmente incrementata, qualunque sia l’unità di misura della stessa, pur in presenza di un fenomeno di concentrazione della ricchezza “estrema” in relativamente poche mani. Ed è questo che spiega la divergenza tra la percezione delle persone e la realtà: le persone pensano che la ricchezza sia distribuita in modo più uniforme perché si percepiscono “più ricche” di quanto il ragionamento di Filippo le classifica, sulla base di una distribuzione percentuale.
E’ poi molto dubbio, mi sentirei di dire anche dimostrato storicamente falso, Bezzicante, che nel tempo la ricchezza, cosa diversa dal potere diverga, ovvero che siamo in presenza di un fenomeno di accumulazione continua in sempre minori poche mani. Le rivoluzioni in genere ambiano la distribuzione del potere, e non della ricchezza, almeno non come primo effetto. Anche perché i rivoluzionari, nel caso mettano le mani sulla ricchezza: cambiano le persone che la detengono, non la distribuzione 😀
@mentecritica …la seconda !
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Condizione necessaria, ma non sufficiente. Come dimostra lo stato delle cose.
Per cambiare è necessario che chi ha di meno abbia la forza per costringere chi ha di più a dare.
Forza che non si deve esprimere necessariamente attraverso la violenza. Può bastare la dimostrazione di forza. La capacità di raffigurare, credibilmente, cosa potrebbe accadere se…
E’ quel credibilmente che è difficile da ottenere, senza una vera forza alle spalle.
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@LarcItaliano @mentecritica la distribuzione della ricchezza in italia è facile ai politici i soldi e noi paghiamo
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@bezzicante @mentecritica per avere equita di richezza ci vorrebbe ke si perdesse il senno e schifare i soldi
@mentecritica: Distribuzione della ricchezza http://t.co/U7I6DKFonr” “com’è in Italia?”
Io non so se voglio saperlo!grazie @ottonieri
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Io non so se voglio saperlo!grazie @o…
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@bezzicante: certo, la tua visione dei fenomeni è come sempre corretta e complementare ai numeri. E’ vero che le differenze di ricchezza producono asimmetrie (di conoscenza, di accesso, di potere contrattuale…) che tendono a tradursi in ulteriori differenze di ricchezza, che se non controbilanciate da politiche attive di ridistribuzione portano a una polarizzazione estrema e/o a disordini sociali.
Ciò detto, però, posto che ci si convinca dell’opportunità di politiche di redistribuzione della ricchezza, si deve decidere quanto redistribuire, da chi e verso chi. E qui rientrano in ballo i numeri…
@SignorSpok: politicamente, si può essere o meno d’accordo sul fatto che anche una società benestante possa essere iniqua. Tuttavia, il riferimento che facevo nel titolo all’iniquità e alla maggiore iniquità non nasceva tanto da una mia valutazione (sebbene io effettivamente ritenga che una società in cui ci sono simili differenze sia iniqua a prescindere dai valori assoluti), ma dal gap rispetto a quello che gli stessi intervistati ritenevano desiderabile. E’ a loro che le differenze parevano eccessive, pur credendo che fossero molto minori di quelle reali.
Disuguaglianze reali e disuguaglianze “percepite”: una mia nota su @mentecritica: http://t.co/sWWnN9Gk03
@giuli83a penso che non sapere certe cose ci tolga capacità di decidere come cittadini. Forse non è un caso… @mentecritica
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Io non so se voglio saperlo!grazie @o…
@ottonieri grazie era per la domanda che hai posto alla fine! E per gli spunti su cui riflettere e informarsi! @mentecritica
@ottonieri non sapere ci toglie la capacità di esser menti “pensanti”. La mia era un’affermazione-provocazione, infatti il @mentecritica
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